Queste sono domande molto comuni che possono sorgere, soprattutto in contesti lavorativi complessi. In questa guida, ti spiegheremo tutto ciò che c’è da sapere sul licenziamento e la riassunzione all’interno della stessa azienda. Un consulente del lavoro è la figura ideale per rispondere a questi dubbi e qui troverai le risposte dei nostri esperti.
Licenziamento e Riassunzione Stessa Azienda: Si può fare?
Sì, in Italia è del tutto legale riassumere lo stesso dipendente, sia che questo sia stato licenziato, sia che abbia dato le dimissioni volontarie. La legge non pone alcun divieto specifico in merito, perché una norma che impedisse di riassumere più volte lo stesso lavoratore risulterebbe troppo restrittiva, sia per le aziende sia per i dipendenti.
Immagina, ad esempio, un lavoratore che si licenzia per cogliere una nuova opportunità lavorativa, ma che poi, per qualche ragione, decide di tornare alla sua vecchia azienda. In un caso come questo, sarebbe poco logico impedire all’azienda di riassumere una persona con cui ha già avuto un buon rapporto professionale.
Tuttavia, ci sono alcune regole da rispettare. Queste norme esistono per tutelare i diritti dei lavoratori ed evitare abusi. Uno degli obiettivi principali della legislazione è prevenire situazioni in cui un dipendente viene licenziato ingiustamente per poi essere riassunto con condizioni peggiori o meno tutele. Questo potrebbe succedere, ad esempio, se un’azienda licenziasse un dipendente solo per offrirgli poi un contratto meno vantaggioso. Le leggi sul lavoro sono progettate proprio per prevenire simili ingiustizie.
In certi casi, inoltre, non solo è possibile riassumere un lavoratore, ma l’azienda può essere obbligata a farlo per legge.
Quando è possibile la riassunzione? In generale, un’azienda può riassumere un dipendente se il licenziamento è avvenuto per giustificato motivo oggettivo, come una crisi aziendale o una riorganizzazione, ma in seguito si trova a dover fronteggiare nuove esigenze produttive. È fondamentale, però, che venga rispettato il diritto di precedenza del lavoratore licenziato, quando le mansioni coincidono con quelle previste per le nuove assunzioni.
Inoltre, la legge prevede un periodo minimo di attesa tra il licenziamento e la riassunzione, per garantire che il processo sia trasparente e non manipolato per svantaggiare il lavoratore.
Attenzione ai casi particolari! Il datore di lavoro è libero di riassumere un ex dipendente, ma non se si tratta di un licenziamento ingiustificato o se le dimissioni sono seguite da contratti precari. Le normative sono particolarmente stringenti anche in situazioni particolari, come il trasferimento aziendale. Ad esempio, se un imprenditore licenzia un dipendente per poi riassumerlo sotto una nuova società, deve comunque seguire regole precise per evitare sanzioni.
Ci sono dunque molteplici motivi per cui un’azienda può licenziare e poi riassumere un dipendente, ma solo in alcuni casi questo è permesso dalla legge. Vediamo i dettagli nei prossimi paragrafi.
Licenziamento e nuova assunzione
In caso di licenziamento, si può riassumere certamente un lavoratore dipendente ma considerando alcuni fattori.
Quando un dipendente viene licenziato in maniera legittima, ossia per una giusta causa (ad esempio, comportamenti gravi o scorretti) o per un giustificato motivo (come riorganizzazioni aziendali o difficoltà economiche), non c’è nulla che impedisca la possibilità di una riassunzione futura.
Facciamo un esempio: un’azienda può licenziare un dipendente per motivi economici, ma successivamente, quando la situazione migliora, può decidere di riassumerlo. Oppure, nel caso di un licenziamento per motivi disciplinari, l’azienda potrebbe valutare una nuova assunzione se il dipendente, nel tempo, ha acquisito nuove competenze o ha dimostrato di essere cambiato. In queste situazioni, la riassunzione è una scelta libera dell’azienda.
La situazione è diversa però se il licenziamento viene dichiarato illegittimo da un giudice. In questo caso, non si tratta di una semplice decisione aziendale, ma di un vero e proprio obbligo legale. Se il tribunale stabilisce che il licenziamento non era giustificato, l’azienda potrebbe essere costretta a reintegrare il lavoratore.
Questo significa che il dipendente ha diritto a tornare al proprio posto di lavoro, alle stesse condizioni contrattuali di prima, come se non fosse mai stato licenziato. In alcuni casi, inoltre, l’azienda potrebbe dover corrispondere anche un risarcimento economico per il periodo in cui il lavoratore è rimasto senza impiego.
Un discorso a parte invece se consideriamo tutti quei casi nei quali il rapporto si è risolto per il venir meno dell’aspetto fiduciario (giusta causa), o per un grave inadempimento, anche reiterato, ascrivibile al comportamento del lavoratore (giustificato motivo soggettivo), o per volontà unilaterale del prestatore (dimissioni). In questo caso è difficile parlare di diritto alla riassunzione per ovvi motivi.
Dimissioni volontarie e nuova assunzione

Attenzione: se le dimissioni sono state comunicate solo verbalmente, senza seguire la corretta procedura telematica, non hanno valore legale. In altre parole, non sono ufficiali e non vengono riconosciute come dimissioni. Tuttavia, se il dipendente smette di presentarsi al lavoro senza formalizzare le dimissioni, potrebbe essere considerato in assenza ingiustificata, situazione che può portare a sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.
Ci sono però regole diverse per il settore pubblico. Qui la riassunzione dopo le dimissioni volontarie segue regole diverse. Un lavoratore può chiedere di essere riassunto, ma non vi è alcuna garanzia che ciò avvenga. Secondo l’articolo 132 del Testo Unico del pubblico impiego, l’amministrazione pubblica deve fare una valutazione prima di decidere se accettare o meno la richiesta di riassunzione.
Ci sono due condizioni principali da considerare:
- Posto vacante: Deve esserci ancora una posizione disponibile per quella specifica funzione.
- Requisiti del lavoratore: L’amministrazione deve verificare se il dipendente possiede ancora i requisiti necessari per il ruolo, in base alle esigenze attuali dell’ente.
Licenziamento e Riassunzione Stessa Azienda: Aspetti Legali
La riassunzione di un dipendente dopo la cessazione del rapporto di lavoro è possibile, ma deve seguire precise norme legali che variano a seconda del tipo di licenziamento e delle circostanze che lo hanno determinato. È importante conoscere i tempi e le modalità di riassunzione, nonché alcune regole specifiche legate ai contratti a termine e alle eccezioni, come nel caso dei lavori stagionali. Ad esempio, quante volte si può essere riassunti dalla stessa azienda? La legge non pone un limite preciso al numero di volte in cui un dipendente può essere riassunto, ma è necessario rispettare le condizioni legali legate ai contratti di lavoro e al tipo di cessazione precedente.
Ad esempio, se il lavoratore è stato licenziato per giustificato motivo, come una crisi aziendale o riorganizzazioni interne, non ci sono particolari restrizioni alla sua futura riassunzione, a patto che siano rispettati i diritti del lavoratore, come il diritto di precedenza nelle assunzioni per le stesse mansioni. Oppure, ci sono dei limiti di tempo da rispettare tra il licenziamento e la riassunzione? Non esiste un tempo minimo obbligatorio ma è fondamentale che la riassunzione rispetti le leggi in materia di contratti, soprattutto quando si tratta di contratti a termine dove esistono limiti di durata complessivi.
Quanto tempo deve passare tra Licenziamento e Riassunzione nella stessa azienda?
Uno degli aspetti legali più importanti da considerare è il tempo di attesa tra un licenziamento e una successiva riassunzione. In generale, non esiste una regola fissa che stabilisca un intervallo minimo obbligatorio tra un licenziamento e la riassunzione presso lo stesso datore di lavoro. Tuttavia, ci sono alcune considerazioni legali e pratiche da tenere a mente.
Se un dipendente viene licenziato e riassunto immediatamente dopo, specialmente per la stessa mansione e condizioni contrattuali, questa operazione potrebbe essere interpretata come una manovra per eludere obblighi legali. Ad esempio, l’azienda potrebbe cercare di evitare il riconoscimento della continuità del rapporto di lavoro o di sottrarsi al pagamento di alcune spettanze come il trattamento di fine rapporto (TFR), le ferie non godute o il periodo di preavviso. In queste situazioni, il dipendente potrebbe contestare l’azienda e chiedere il riconoscimento della continuità del rapporto di lavoro, con possibili conseguenze legali per il datore di lavoro.
Nel caso dei contratti a tempo determinato, invece, esistono regole più precise. Si può riassumere lo stesso dipendente con un nuovo contratto a termine, a patto che passi un certo periodo di tempo tra la fine del primo contratto e l’inizio del secondo.
Questa regola, chiamata “stop and go”, prevede una pausa obbligatoria tra due contratti a termine consecutivi. Le tempistiche della pausa sono le seguenti:
- 20 giorni se il contratto precedente è durato più di 6 mesi.
- 10 giorni se il contratto precedente è durato meno di 6 mesi.
Questi intervalli temporali servono a garantire che non vi sia un abuso nell’uso di contratti a termine consecutivi, che potrebbe minare la stabilità lavorativa del dipendente.
Se il licenziamento avviene invece nell’ambito di un licenziamento collettivo o di una riduzione di personale, possono esserci ulteriori vincoli da rispettare. In alcuni casi, infatti, l’azienda può essere obbligata a riassumere i lavoratori licenziati se si rendono disponibili nuove posizioni entro un determinato periodo di tempo. Questo meccanismo mira a proteggere i lavoratori che sono stati licenziati per motivi aziendali non legati alla loro performance.
Il Diritto di Precedenza nelle Assunzioni
Uno degli aspetti legali più rilevanti da considerare quando si parla di licenziamento e riassunzione nella stessa azienda è il diritto di precedenza. Questo diritto rappresenta una tutela importante per i lavoratori che sono stati licenziati o che hanno concluso un rapporto di lavoro a termine, consentendo loro di avere la priorità in caso di nuove assunzioni da parte dell’azienda.
Il diritto di precedenza garantisce al lavoratore, in determinate circostanze, la possibilità di essere richiamato o riassunto nel momento in cui l’azienda abbia bisogno di nuovo personale.
Quando si applica il diritto di precedenza? Ci sono due principali situazioni in cui il diritto di precedenza può essere invocato:
- Licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Quando un dipendente viene licenziato per ragioni economiche o per motivi legati alla riorganizzazione aziendale (ad esempio, una riduzione del personale a causa di un calo di lavoro o una ristrutturazione), egli può vantare un diritto di precedenza. Se l’azienda decide di assumere nuovamente per lo stesso tipo di mansioni, il lavoratore licenziato ha il diritto di essere considerato prioritariamente per il posto vacante. Questo diritto di precedenza è generalmente valido per un periodo di 6 mesi dal licenziamento. - Rapporto di lavoro a termine
Anche i lavoratori con contratto a tempo determinato possono beneficiare del diritto di precedenza, a condizione che abbiano lavorato per l’azienda per un periodo complessivo di almeno sei mesi, distribuiti su uno o più contratti a termine. Se il contratto a tempo determinato non viene rinnovato e successivamente l’azienda apre nuove posizioni a tempo indeterminato per mansioni simili, il lavoratore ha il diritto di precedenza su queste nuove assunzioni.
Come funziona il diritto di precedenza? Per esercitare questo diritto, il lavoratore deve dichiarare per iscritto la propria volontà di avvalersi del diritto di precedenza. Solitamente, tale dichiarazione deve essere inviata entro un certo periodo di tempo (spesso entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro). Se non viene espressa tale volontà, l’azienda non è obbligata a prendere in considerazione il lavoratore per le nuove assunzioni.
Dubbi su come gestire il licenziamento e la riassunzione nella stessa azienda?
Affrontare un licenziamento o una riassunzione può essere un processo complesso e carico di implicazioni legali. Sia che tu sia un lavoratore che desidera capire meglio i propri diritti, sia che tu rappresenti un’azienda che deve gestire questi passaggi nel rispetto delle normative, la consulenza di un esperto è essenziale per evitare errori e incomprensioni che potrebbero costare caro.
Un consulente del lavoro ha le competenze necessarie per offrire supporto personalizzato, valutando ogni caso nel dettaglio e fornendo indicazioni pratiche e legali specifiche. Per i lavoratori una consulenza su questo fronte serve a:
- Comprendere i propri diritti: Un consulente può spiegarti in maniera chiara quali sono le tue opzioni e quali tutele ti spettano per legge: sapere se hai diritto di precedenza, se il licenziamento è stato legittimo o se ci sono possibilità di riassunzione;
- Chiarire le modalità di riassunzione: Se hai lasciato l’azienda per dimissioni volontarie o con un contratto a termine, potresti non conoscere i tempi e le modalità per essere riassunto. Valutiamo insieme la possibilità di tornare in azienda, spiegandoti i tuoi diritti in merito.
- Evitare situazioni di abuso: Ti tuteliamo da possibili abusi, aiutandoti a ottenere ciò che ti spetta.
Per le aziende invece, una consulenza con i nostri esperti per licenziamento e riassunzione del dipendente ti aiuterà a:
- Gestire correttamente il licenziamento: deve sempre essere motivato da cause valide e nel rispetto delle normative vigenti. Un errore, come un licenziamento illegittimo, può comportare sanzioni o la reintegrazione del dipendente.
- Pianificare una riassunzione conforme: Se la tua azienda desidera riassumere un ex dipendente, è importante rispettare regole specifiche, come quelle sui contratti a termine e i tempi di attesa;
- Prevenire controversie legali: La riassunzione immediata dopo un licenziamento, se non gestita correttamente, può essere vista come un tentativo di eludere obblighi legali. Preveniamo controversie e garantiamo che tutto sia trasparente e in regola.