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Come licenziare un dipendente

Nel ruolo di datore di lavoro, affrontare un licenziamento di un dipendente può essere una questione delicata da gestire. È fondamentale non solo aderire scrupolosamente alle normative vigenti per garantire un licenziamento corretto, ma anche procedere con sensibilità e rispetto. Ecco una guida su come licenziare un dipendente seguendo principi legalmente e eticamente adeguati.

Il licenziamento è una delle modalità attraverso cui può concludersi un rapporto di lavoro subordinato, basato su una decisione unilaterale da parte del datore di lavoro. Con il termine licenziamento si intende la risoluzione del contratto di lavoro promossa dall’impresa per vari motivi, che possono spaziare da cause legate al rendimento del dipendente fino a necessità aziendali strutturali o economiche. La normativa che regola il licenziamento è soggetta a frequenti aggiornamenti e revisioni ma, nonostante le continue evoluzioni legislative, esistono principi fondamentali ai quali attenersi per garantire che sia eseguito in modo legittimo. Per procedere, è necessario soddisfare specifici requisiti formali, che includono l’obbligo di formalizzare la decisione per iscritto, di motivare adeguatamente le ragioni del licenziamento e di rispettare le procedure dettate dalla legge e dagli accordi di contrattuali. Questi passaggi servono a garantire che il processo sia trasparente, giustificato e conforme, fornendo al contempo al dipendente le informazioni necessarie per comprendere le cause del licenziamento e, se lo desidera, contestarle.

Quando un datore di lavoro può licenziare un dipendente?

un dipendente dopo il licenziamento porta via le sue cose dall'ufficioPrima di analizzare le procedure corrette su come licenziare un dipendente, è altrettanto doveroso comprendere in quali circostanze un datore di lavoro è legalmente autorizzato a farlo. Questa comprensione è fondamentale perché il licenziamento non è una decisione arbitraria ma deve essere giustificato da motivi validi e sostenuti da una corretta applicazione delle norme legali.

Un datore di lavoro può licenziare un dipendente per vari motivi. Il licenziamento per giusta causa, ad esempio, è un licenziamento disciplinare che avviene quando il dipendente ha commesso un’azione grave che giustifica il licenziamento immediato.

Quando l’utilizzo dell’auto aziendale può costare il posto di lavoro?

L’impiego dell’auto aziendale per scopi personali può costituire una violazione delle regole interne e, in determinate circostanze, portare al licenziamento per giusta causa. Il rischio è particolarmente elevato quando l’uso improprio del veicolo compromette il rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, ad esempio se l’auto viene utilizzata senza autorizzazione, al di fuori degli orari consentiti o per attività in contrasto con gli interessi dell’azienda.

Comportamenti ripetuti o di particolare gravità, come l’utilizzo sistematico dell’auto aziendale per fini privati senza alcun consenso, sono stati più volte riconosciuti dalla Cassazione come motivi validi per la cessazione immediata del rapporto di lavoro. In questi casi, il datore può ritenere compromessa in modo irreparabile la fiducia nel dipendente.

Per questo motivo, prima di usare l’auto aziendale per esigenze personali, è sempre opportuno verificare le regole interne e ottenere le necessarie autorizzazioni: una leggerezza può tradursi in gravi conseguenze professionali.

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, invece, è una delle modalità con cui un datore di lavoro può interrompere il rapporto di lavoro con un dipendente basandosi su ragioni che riguardano direttamente il comportamento del lavoratore. A differenza del licenziamento per giusta causa, che è immediato e scaturisce da gravi violazioni, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo riguarda situazioni meno estreme ma comunque serie, dove il comportamento del dipendente non raggiunge le aspettative lavorative in modo sostanziale e reiterato. Questo tipo di licenziamento si basa su comportamenti che non sono necessariamente illeciti ma che impediscono al rapporto lavorativo di proseguire serenamente e in modo produttivo. Può includere la non conformità con le norme interne dell’azienda, l’insufficiente rendimento lavorativo o l’incapacità di adeguarsi alle esigenze del ruolo nonostante feedback e possibilità di formazione o miglioramento.

Esiste anche il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che si basa non sul comportamento del dipendente, ma su ragioni legate alla struttura e alle esigenze organizzative dell’azienda. Questo tipo di licenziamento è utilizzato quando ci sono cambiamenti strutturali o economici che rendono necessaria la riduzione del personale come ad esempio ridimensionamento dell’azienda o chiusura di interi settori o dipartimenti a causa di difficoltà economiche, riorganizzazione interna che comporta la soppressione di alcuni posti di lavoro, automatizzazione dei processi lavorativi che riduce il bisogno di intervento umano.

Quindi, per riassumere, un datore di lavoro può licenziare un dipendente principalmente quando ci sono motivi validi e documentabili che giustificano tale decisione. Questi motivi includono la condotta inappropriata del dipendente, come il furto, la frode, comportamenti violenti o molestie, che rompono la fiducia essenziale per il mantenimento del rapporto lavorativo. Altre cause possono essere legate alle prestazioni lavorative, ad esempio se il dipendente non riesce a soddisfare gli standard di performance richiesti anche dopo aver ricevuto feedback e la possibilità di migliorare. Inoltre, motivi economici come la necessità di ridurre il personale a causa di difficoltà finanziarie dell’azienda o la chiusura di una divisione possono anche essere basi per un licenziamento. In tutti questi casi, è fondamentale che il datore di lavoro segua le procedure corrette come stabilite dalla legge e dai contratti di lavoro, garantendo al dipendente il diritto di essere ascoltato e di difendersi.

Quando è possibile utilizzare prove testimoniali, documentali e audiovisive?

Nel contesto di un licenziamento disciplinare o per giustificato motivo, l’uso di prove testimoniali, documentali, filmati e fotografie rappresenta uno strumento essenziale per il datore di lavoro. Tuttavia, il loro impiego deve avvenire nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge.

Prove testimoniali e documentali sono ammesse quando occorre dimostrare comportamenti del lavoratore contrari ai doveri contrattuali o al regolamento interno. Esempi tipici includono l’assenteismo ingiustificato, l’appropriazione indebita di beni aziendali o condotte che ledono il rapporto fiduciario, come frodi, sabotaggi o atti illeciti.

Filmati e fotografie, invece, possono essere utilizzati solo se raccolti nel pieno rispetto della normativa sulla privacy e del GDPR. La loro acquisizione è considerata legittima, ad esempio, in presenza di un concreto rischio per il patrimonio aziendale. In questi casi, è necessario che i sistemi di videosorveglianza siano installati in modo conforme alle indicazioni del Garante per la Privacy, come avviene comunemente in contesti sensibili come banche o supermercati.

Affinché queste prove siano considerate valide in giudizio, devono essere raccolte in modo lecito e trasparente, tutelando la dignità del lavoratore e rispettando i suoi diritti. Solo così possono essere utilizzate senza rischiare l’inammissibilità per violazioni procedurali o normative.

Qual è l’onere della prova nel caso di licenziamento?

Nel caso di un licenziamento, l’onere della prova ricade interamente sul datore di lavoro. Questo significa che, qualora il lavoratore impugni il provvedimento, sarà il datore a dover dimostrare la legittimità e la fondatezza della decisione, indipendentemente dalla tipologia di licenziamento applicata: per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo.

Ad esempio, in caso di licenziamento per giusta causa, il datore dovrà fornire prove concrete e dettagliate che attestino i comportamenti addebitati al dipendente, come testimonianze, documentazione scritta, report o comunicazioni ufficiali. Lo stesso vale per i licenziamenti legati a ragioni oggettive, dove sarà necessario produrre analisi organizzative, bilanci, relazioni tecniche o valutazioni di performance.

La corretta raccolta e conservazione delle prove non solo tutela l’azienda in sede di eventuale giudizio, ma garantisce anche il diritto del lavoratore a un processo equo e trasparente.

Quando un datore di lavoro non può licenziare un dipendente?

Quand’è invece che il datore di lavoro NON può procedere con il licenziamento? In alcuni casi, ci sono delle limitazioni specifiche per prevenire discriminazioni e proteggere la stabilità lavorativa in momenti di particolare vulnerabilità personale. Per esempio, è illegale licenziare una lavoratrice durante il periodo di gravidanza, così come sarebbe illegale licenziarla in prossimità del suo matrimonio. Analogamente, il licenziamento è proibito durante periodi di malattia o in seguito a infortuni lavorativi. Queste protezioni sono messe in atto per evitare che i datori di lavoro possano approfittare di circostanze che rendono i dipendenti temporaneamente incapaci di lavorare o che coinvolgono importanti eventi personali.

Questi divieti sono considerati misure anti-discriminatorie perché mirano a proteggere i lavoratori da decisioni di licenziamento basate su condizioni o circostanze personali che non dovrebbero influire sulla loro posizione lavorativa.

Come licenziare un dipendente: Cosa Fare?

Per procedere al licenziamento l’imprenditore deve seguire procedure che variano in base alla dimensione dell’azienda e alla natura del licenziamento. Per le piccole aziende, (fino a 15 dipendenti) basterà la lettera di licenziamento che specifichi chiaramente i motivi della decisione che possono essere per giusta causa o giustificato motivo e la comunicazione al centro per l’impiego competente per territorio entro cinque giorni dal licenziamento, attraverso modalità informatiche.

Per le aziende più grandi, invece, il processo si complica leggermente. È necessario distinguere tra due tipologie di licenziamento:

  • Licenziamento individuale: quando un datore di lavoro decide di terminare il rapporto di lavoro con un singolo dipendente;
  • Licenziamento collettivo: quando si intende effettuare nell’arco di 4 mesi almeno 5 licenziamenti all’interno della stessa unità produttiva o in unità produttive diverse situate nella stessa provincia.

Nel caso di licenziamento individuale, se il motivo è giusta causa o un giustificato motivo soggettivo, il licenziamento deve essere comunicato per iscritto al lavoratore, indicando i motivi. Se il licenziamento è per giustificato motivo oggettivo, oltre a informare il dipendente, bisogna inviare una comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro. Questo deve includere l’intenzione di licenziare, i motivi e le misure di assistenza alla ricollocazione. Deve poi essere tenuto un incontro entro sette giorni presso la commissione provinciale di conciliazione per cercare soluzioni alternative al licenziamento. Questa fase è obbligatoria e non può durare più di 20 giorni. Se si raggiunge un accordo, si procede con una risoluzione consensuale. In caso contrario, l’azienda può procedere con il licenziamento.

Nel caso di licenziamenti collettivi, l’azienda deve inviare una notifica ai rappresentanti dei lavoratori o alle associazioni di categoria, spiegando i motivi tecnici, organizzativi e/o produttivi dei licenziamenti e i dettagli dei lavoratori coinvolti. Si organizza un primo incontro con i sindacati per discutere le possibili alternative. Se necessario, un secondo incontro può essere convocato dalla Direzione Territoriale del Lavoro. Se non si raggiunge un accordo anche dopo il secondo incontro, l’azienda può procedere ai licenziamenti, comunicando l’elenco dei lavoratori licenziati alle autorità competenti e alle associazioni di categoria.

In entrambi i casi, è fondamentale che il datore di lavoro mantenga una documentazione accurata di tutte le comunicazioni e le procedure seguite.

Tempistiche per impugnare un licenziamento:

Quando un lavoratore ritiene che il licenziamento ricevuto sia illegittimo, ha un termine di 60 giorni dalla data della comunicazione per procedere con l’impugnazione formale. Trascorso questo periodo, il diritto di contestare il provvedimento decade, rendendo impossibile qualsiasi azione successiva.

Per questo motivo è fondamentale agire tempestivamente e, se possibile, con l’assistenza di un consulente del lavoro o di un legale esperto in diritto del lavoro. Un intervento rapido consente di tutelare efficacemente i propri diritti ed evitare che eventuali errori procedurali compromettano la possibilità di ottenere giustizia.

Come licenziare un dipendente per giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa è una tipologia di licenziamento disciplinare che l’imprenditore può mettere in atto quando si verificano comportamenti del lavoratore che violano le norme stabilite dalla legge, dai contratti collettivi o dal codice disciplinare affisso all’interno dei locali dell’azienda, tali da compromettere il vincolo fiduciario che deve necessariamente intercorrere tra datore di lavoro e lavoratore.

Cosa comporta specificatamente?

  • Licenziamento in tronco
  • Esclusione del diritto al preavviso
  • Legittimazione del recesso anticipato nei contratti a termine
  • Applicabilità anche in caso di malattia

Quindi, questo tipo di licenziamento avviene senza preavviso ed ha effetto immediato non appena viene comunicato al dipendente. Normalmente, anche se i contratti a termine prevedono una data di scadenza concordata, se si verifica una giusta causa, il datore di lavoro ha il diritto di rescindere il contratto prima di tale data senza incorrere in sanzioni. Mentre i lavoratori in malattia godono di una protezione speciale contro il licenziamento se si verifica una giusta causa, questa protezione non impedisce al datore di lavoro di procedere con il licenziamento, anche durante il periodo di assenza per malattia del lavoratore.

Che tipo di azioni costituisce giusta causa?

Gli atti così gravi che rendono insostenibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Questo generalmente implica una violazione significativa che colpisce il nucleo della fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, rendendo impossibile continuare la collaborazione e proseguire il rapporto di lavoro.

Quando l’assenteismo sul lavoro costituisce reato e quali sono le conseguenze

L’assenteismo dal lavoro non si limita a essere una semplice violazione disciplinare: in determinate circostanze può costituire un vero e proprio reato. Ciò accade quando l’assenza ingiustificata è accompagnata da comportamenti fraudolenti, come ad esempio la falsa attestazione della presenza sul luogo di lavoro o l’uso di certificati medici contraffatti.

Le principali fattispecie di reato legate all’assenteismo includono:

  • Truffa ai danni dello Stato o di un ente pubblico (art. 640 c.p.): tipica nei casi in cui un dipendente pubblico finge di essere in servizio.
  • Falso ideologico (art. 479 c.p.): si verifica quando vengono prodotte false dichiarazioni o certificazioni.
  • Interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.): applicabile se l’assenza danneggia un servizio essenziale per la collettività.

Le conseguenze possono essere molto serie: oltre al licenziamento per giusta causa, il lavoratore può essere soggetto a procedimenti penali, sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravi, alla reclusione. Nei settori regolamentati, è possibile anche l’intervento degli ordini professionali con eventuali sanzioni disciplinari aggiuntive.

Per questo motivo, è fondamentale che il datore di lavoro adotti misure preventive efficaci, come controlli interni, formazione sul rispetto delle regole e l’attivazione immediata delle procedure previste in caso di sospetti fondati.

Come licenziare un dipendente con contratto a tempo indeterminato?

 una donna viene accompagnata da un'altra, probabilmente la sua supervisore, mentre lascia l'ufficio portando una scatola con i suoi effetti personali, in seguito al suo licenziamentoQuesta è una delle domande più comuni che vengono poste dai datori di lavoro perché i contratti a tempo indeterminato offrono ai dipendenti una serie di tutele legali che spesso richiedono motivazioni valide e documentate per procedere con un licenziamento come ad esempio la notifica scritta e il rispetto dei periodi di preavviso.

Prima di tutto, il lavoratore con contratto a tempo indeterminato può essere licenziato dal datore di lavoro per un motivo valido che può essere per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o oggettivo. È importante che i motivi siano solidi e documentabili.

Nel caso di licenziamento per giusta causa, non è necessario il preavviso cioè l’intervallo di tempo che intercorre tra la comunicazione formale di licenziamento (o dimissioni) e l’ultimo giorno effettivo di lavoro del dipendente. In questo caso si parla di licenziamento in tronco. Il datore di lavoro deve comunque seguire un procedimento disciplinare formale, un requisito legale per assicurare che il processo sia equo e che il dipendente abbia la possibilità di essere ascoltato. La comunicazione di contestazione di addebito è il primo passo del procedimento disciplinare in cui il datore di lavoro deve informare formalmente il dipendente delle accuse contro di lui, specificando in dettaglio le ragioni del possibile licenziamento. Questa comunicazione deve essere fatta per iscritto e deve fornire al dipendente tutte le informazioni necessarie per comprendere i comportamenti o le azioni che sono stati giudicati inaccettabili.

I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) spesso includono una sezione specifica che elenca le circostanze e i comportamenti considerati così gravi da giustificare un licenziamento per giusta causa.

Con licenziamento per motivi soggettivi è, invece, necessario provvedere con il preavviso. Durante il periodo di preavviso, il rapporto di lavoro continua come al solito. Questo significa che il dipendente deve continuare a svolgere le sue mansioni e, in cambio, riceve la normale retribuzione. Questo periodo serve al dipendente per adattarsi alla futura transizione, permettendogli di organizzarsi per cercare una nuova occupazione, garantendo così una certa sicurezza economica e temporale prima dell’effettiva cessazione del rapporto di lavoro. La durata del preavviso in questi casi può variare in base al settore, alla qualifica del dipendente e all’anzianità di servizio.

Nel caso di licenziamento per motivo oggettivo, esiste l’obbligo di repechage, cioè il datore di lavoro deve prima verificare di non poter adibire il lavoratore ad altre mansioni.

Come licenziare un dipendente con contratto a tempo determinato

Nei contratti a tempo determinato, il preavviso generalmente non si applica perché questi contratti sono concepiti per avere una durata definita, terminando automaticamente alla data di scadenza prevista. Tuttavia, se una delle parti desidera terminare il contratto prima della scadenza, può farlo solo in casi eccezionali. Le situazioni ammesse includono:

  • Giusta causa: come per i contratti a tempo indeterminato, un licenziamento immediato (senza preavviso) può avvenire se si verifica una grave violazione delle condizioni contrattuali che rende insostenibile il proseguimento del rapporto lavorativo.
  • Impossibilità sopravvenuta della prestazione: se eventi esterni o cambiamenti nelle condizioni di lavoro rendono impossibile continuare l’impiego (ad esempio, una malattia grave o la cessazione dell’attività aziendale), il contratto può essere concluso anticipatamente.

Se il motivo del licenziamento è relativo a comportamenti o prestazioni insoddisfacenti (ma non al livello di giusta causa), è necessario documentare accuratamente il comportamento o le prestazioni che giustificano il licenziamento e comunicare al dipendente le ragioni per permettergli di difendersi o correggere il comportamento, se applicabile. La comunicazione avviene tramite notifica scritta.

Come licenziare un dipendente apprendista

un uomo licenzia una donna dipendente apprendistaL’apprendistato è una forma specifica di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, progettata per promuovere la formazione e l’occupazione giovanile che integra l’attività lavorativa con un percorso di formazione strutturato. Come licenziare un dipendente con contratto di apprendistato? Funziona allo stesso modo di un dipendente assunto a tempo indeterminato. Ciò significa che puoi procedere solo per giusta causa o giustificato motivo.

C’è però una rara eccezione: il licenziamento ad nutum in cui il datore di lavoro può terminare il rapporto di lavoro senza dover fornire alcuna motivazione specifica. Tuttavia, questa possibilità è strettamente circoscritta a determinate condizioni, ovvero solo al termine del periodo di formazione previsto dal contratto di apprendistato. La logica dietro questa disposizione è quella di permettere al datore di lavoro di decidere se trasformare o meno il contratto di apprendistato in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Come licenziare un dipendente in malattia

Il licenziamento del lavoratore in malattia è possibile nel caso in cui, prima della malattia, il dipendente abbia commesso azioni talmente gravi da procedere con un licenziamento disciplinare. Oppure, comportamenti inappropriati durante la malattia o svolgimento di un secondo lavoro specialmente se in concorrenza con l’attività del datore di lavoro o che potrebbe pregiudicare il recupero del lavoratore. Queste azioni possono essere interpretate come una violazione dei doveri di lealtà e fedeltà verso l’azienda e portare ad un licenziamento disciplinare, perché mina la fiducia tra il dipendente e il datore di lavoro. Resta comunque l’obbligo di contestazione tempestiva, per avviare il procedimento disciplinare. In ogni caso, il licenziamento di un dipendente in malattia non può essere basato sulla malattia stessa, in quanto ciò sarebbe considerato discriminatorio.

Quanto costa licenziare un dipendente?

l costo del licenziamento di un dipendente dipendono dal tipo di licenziamento, l’anzianità del lavoratore e le specifiche del contratto di lavoro o del contratto collettivo applicabile. I principali costi che l’imprenditore potrebbe dover affrontare sono:

  • Indennità di licenziamento: le aziende devono generalmente pagare un’indennità di licenziamento ai dipendenti licenziati senza giusta causa. Questa indennità è calcolata sulla base degli anni di servizio del dipendente nell’azienda e viene determinata secondo le disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile o delle norme interne all’azienda.
  • Trattamento di Fine Rapporto (TFR): una somma di denaro che l’azienda accantona ogni anno, equivalente a circa un tredicesimo dello stipendio annuo del dipendente che viene corrisposto al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla ragione della cessazione.
  • Costi di Preavviso: se il licenziamento non è per giusta causa, il datore di lavoro deve rispettare il periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo o individuale, durante il quale il dipendente deve essere retribuito anche se esonerato dal lavoro. Se il datore di lavoro decide di non rispettare il periodo di preavviso, deve pagare al dipendente una indennità sostitutiva del preavviso.

Oltre ai costi diretti come l’indennità di licenziamento e il trattamento di fine rapporto è previsto anche il versamento di un contributo specifico all’INPS, noto come ticket di licenziamento. Queso contributo è stato introdotto inizialmente con la Riforma Fornero come contributo alla mobilità, successivamente, modificato nel 2016 con il Jobs Act ed è destinato al finanziamento della Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), che è l’indennità di disoccupazione prevista per i lavoratori che perdono il lavoro.

La normativa prevede che il datore di lavoro debba pagare una somma pari al 41% del massimale mensile della Naspi per ogni 12 mesi di anzianità del dipendente accumulati negli ultimi tre anni. Altri casi di applicazione sono la mancata trasformazione di un contratto di apprendistato in un contratto a tempo indeterminato e di dimissioni per giusta causa.

Conseguenze legali del licenziamento nullo o inefficace:

Quando un giudice accerta che il licenziamento è privo di giusta causa o giustificato motivo, oppure lo dichiara nullo per altri motivi previsti dalla legge, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il dipendente nel proprio posto di lavoro. Questo obbligo vale indipendentemente dalla dimensione dell’azienda o dalla tipologia di contratto applicato.

Oltre alla reintegrazione, il lavoratore ha diritto a un’indennità risarcitoria relativa al periodo in cui è rimasto escluso dall’attività lavorativa. L’ammontare di tale indennità è determinato secondo i criteri stabiliti dal Jobs Act del 2015, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso.

Le tutele previste possono variare in base a diversi fattori, tra cui l’organico dell’impresa, l’anzianità del lavoratore e la natura dell’illegittimità del licenziamento. In alcune situazioni, il dipendente può anche optare per un’indennità sostitutiva della reintegrazione, nei limiti e con le modalità previste dalla normativa vigente.

Se sei un datore di lavoro e hai bisogno di assistenza o chiarimenti su come gestire correttamente il licenziamento di un dipendente, inclusi i dettagli sui costi associati come il ticket di licenziamento, non esitare a contattarci. I nostri consulenti del lavoro sono qui per aiutarti per assicurare un licenziamento conforme alla legge e gestito in modo efficiente. Visita il nostro sito o contattaci direttamente per una consulenza personalizzata. 

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