Gestire i dipendenti in azienda può essere complesso e lo diventa ancora di più quando si arriva al punto di dover licenziare un lavoratore. Esistono vari tipi di licenziamento in Italia: licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo o oggettivo, il licenziamento collettivo, licenziamento durante il periodo di prova e il licenziamento ad nutum che è una forma di licenziamento che si distingue per il fatto che il datore di lavoro non è tenuto a fornire una motivazione specifica.
Che cos’è il licenziamento individuale?
Il licenziamento individuale è l’atto con cui il datore di lavoro pone fine al rapporto di lavoro con un singolo dipendente. A differenza di alcune situazioni in cui è possibile recedere liberamente, nella maggior parte dei casi la normativa italiana impone la presenza di motivazioni specifiche e il rispetto di procedure ben definite. Le cause possono variare, includendo gravi comportamenti del lavoratore oppure necessità organizzative o economiche dell’azienda. Tuttavia, modalità e tutele previste dipendono dalla tipologia di licenziamento applicata.
Che cosa significa esattamente e quando può essere applicato? Scopri di più in questo articolo di approfondimento proposto dai nostri esperti consulenti del lavoro.
Licenziamento Ad Nutum: Significato

Nel contesto lavorativo, il recesso ad nutum si riferisce alla facoltà concessa, in specifici casi, sia al datore di lavoro che al lavoratore, di interrompere il rapporto di lavoro senza dover fornire una motivazione dettagliata o una giustificazione.
Tuttavia, questa libertà di recesso non implica una completa assenza di regole. Anche in caso di licenziamento o dimissioni ad nutum, devono essere rispettati alcuni obblighi contrattuali, come ad esempio il periodo di preavviso previsto dalla legge o dal contratto collettivo. In mancanza di preavviso, la parte che decide di recedere dal contratto potrebbe essere tenuta a corrispondere un’indennità all’altra parte.
Licenziamento Ad Nutum: Normativa e Contesto Giuridico
Il licenziamento ad nutum è regolato dal Codice Civile e da normative specifiche che mirano a tutelare i diritti dei lavoratori. In linea generale, lo Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) stabilisce che il datore di lavoro può licenziare un dipendente solo in presenza di una motivazione valida. Tale motivazione può essere:
- Una giusta causa, ovvero un comportamento molto grave del lavoratore (ad esempio, furto o insubordinazione).
- Un giustificato motivo, che può essere di natura oggettiva (come difficoltà economiche dell’azienda o riorganizzazioni) o soggettiva (ad esempio, scarso rendimento).
Che cos’è l’obbligo di repechage nel caso di giustificato motivo oggettivo?
Nel contesto di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo — come accade, ad esempio, durante una riorganizzazione aziendale o l’eliminazione di determinate posizioni — il datore di lavoro deve rispettare un principio fondamentale: l’obbligo di repechage.
Ma cosa implica, in concreto, questo obbligo? Prima di procedere con il licenziamento, il datore è tenuto a verificare se il dipendente interessato possa essere assegnato ad altre mansioni compatibili con la sua professionalità all’interno dell’azienda. Non si tratta di un passaggio formale, ma di un adempimento richiesto dalla normativa, che impone una verifica accurata di ogni possibile alternativa al licenziamento.
Questa disposizione rappresenta una forma di tutela per il lavoratore, volta a limitare il rischio di perdita del posto di lavoro. Il datore di lavoro, infatti, è obbligato a considerare e valutare tutte le opzioni disponibili per una ricollocazione prima di procedere con l’interruzione definitiva del rapporto.
Il licenziamento ad nutum rappresenta un’eccezione a questa regola generale. In determinate situazioni, il datore di lavoro è autorizzato a interrompere il rapporto di lavoro senza fornire una motivazione specifica. Tuttavia, anche in questi casi, è obbligatorio rispettare alcune condizioni fondamentali, come:
- L’obbligo di preavviso, previsto dal contratto collettivo o dalla legge.
- Il pagamento di un’indennità sostitutiva, qualora il preavviso non venga rispettato. Questa modalità di licenziamento trova applicazione solo in contesti particolari e sebbene permetta maggiore libertà per procedere al licenziamento, resta comunque subordinato al rispetto dei principi di correttezza e non discriminazione, previsti dall’ordinamento giuridico.
Recesso ad Nutum: Come Si Applica?

Prima di tutto, il datore deve comunicare per iscritto al dipendente la decisione di terminare il contratto di lavoro. Questo passaggio è obbligatorio: senza una comunicazione in forma scritta, il licenziamento non è valido. Nella lettera devono essere fornite informazioni essenziali, come la data esatta in cui il rapporto di lavoro terminerà.
È inoltre indispensabile rispettare il periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo o dalla legge. Se il datore di lavoro non può o non vuole rispettare il preavviso, è tenuto a corrispondere al dipendente un’indennità sostitutiva, calcolata in base alla durata del preavviso non rispettato.
Nonostante la possibilità di non dover giustificare la decisione, esistono situazioni in cui la legge impone che il licenziamento sia supportato da un motivo oggettivo o soggettivo. In questi casi, il recesso ad nutum non può essere applicato, e il datore di lavoro deve seguire le procedure previste per il licenziamento ordinario.
Chi Può Essere Licenziato ad Nutum?

Per i dirigenti, il rapporto lavorativo è regolato in modo diverso rispetto agli altri lavoratori. In molti casi, si può decidere di interrompere il contratto con un dirigente senza dover giustificare il motivo. Questa tipologia di licenziamento è comunque soggetto a condizioni: l’azienda deve rispettare il contratto collettivo applicabile e corrispondere un’indennità prevista dalla legge o dagli accordi contrattuali.
Nel caso dei lavoratori domestici, come colf e badanti, il licenziamento ad nutum è previsto dall’articolo 2118 del Codice Civile. Qui il datore di lavoro può recedere dal contratto senza dover motivare la decisione, a patto di rispettare i termini di preavviso indicati nel contratto nazionale di riferimento.
Anche i lavoratori in prova possono essere licenziati ad nutum. Durante il periodo di prova, sia il datore che il dipendente hanno la possibilità di interrompere il rapporto lavorativo liberamente, senza dover fornire spiegazioni.
Un altro caso riguarda gli atleti professionisti, per i quali il licenziamento ad nutum può essere applicato a causa delle particolari esigenze legate alla loro attività.
Infine, anche i lavoratori che hanno raggiunto l’età pensionabile possono essere soggetti a un licenziamento ad nutum. Questo è consentito dalla normativa ma deve essere gestito nel rispetto dei principi di correttezza e non discriminazione.
Quindi, anche se questo tipo di recesso consente una maggiore libertà per il datore di lavoro, esistono comunque regole e tutele che devono essere rispettate per evitare abusi e garantire il rispetto dei diritti del lavoratore.
È importante ricordare che, anche nei casi in cui il recesso ad nutum è previsto, la legge ha posto comunque dei limiti. Per esempio, nel caso dei dirigenti, specialmente quelli che non occupano posizioni di vertice o che non hanno poteri gestionali paragonabili a quelli dell’imprenditore, si richiede che il licenziamento sia almeno basato su una motivazione ragionevole (definita “giustificatezza”). Inoltre, se il licenziamento è dovuto a motivi disciplinari, deve essere seguita una procedura specifica che include una contestazione formale delle accuse.
Anche nel caso in cui venga applicato durante il periodo di prova, è considerato illegittimo se il lavoratore non ha avuto abbastanza tempo per dimostrare le sue capacità o se gli sono state assegnate mansioni diverse da quelle previste nel contratto.
Diritti del Lavoratore in Caso di Licenziamento Ad Nutum: Può Essere Impugnato?
Si, il lavoratore ha il diritto di impugnare il licenziamento ad nutum se ritiene che sia avvenuto al di fuori dei casi previsti dalla legge o in violazione dei propri diritti.
Questa contestazione deve avvenire entro un limite di tempo ben preciso. Prima di tutto, entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, deve inviare una lettera scritta al datore di lavoro per esprimere la propria opposizione. Dopo questa fase iniziale, ha ulteriori 180 giorni per portare la questione davanti al tribunale o tentare un accordo tramite conciliazione.
Nel caso in cui il lavoratore decida di intraprendere un’azione legale, può cercare di dimostrare che il licenziamento non era conforme alle normative vigenti. Se il giudice accerta che il licenziamento è stato illegittimo, le conseguenze per il datore di lavoro possono essere significative. Il tribunale potrebbe infatti ordinare che il lavoratore venga reintegrato nella sua posizione oppure stabilire che riceva un risarcimento per i danni subiti.
Quindi, anche se il licenziamento ad nutum concede al datore di lavoro una certa libertà decisionale, il lavoratore non è mai privo di tutela.
Come Influisce il Licenziamento Ad Nutum sul Diritto alla Disoccupazione?
Per quanto riguarda l’accesso all’indennità di disoccupazione (NASpI), essa è generalmente riconosciuta ai lavoratori che perdono involontariamente il proprio impiego. Il licenziamento ad nutum, essendo una decisione unilaterale del datore di lavoro, rientra nelle cause di cessazione involontaria del rapporto di lavoro. Pertanto, il lavoratore licenziato ad nutum ha diritto a percepire la NASpI, a condizione che soddisfi gli altri requisiti previsti dalla legge, come aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.
In cosa consiste il nuovo rito del lavoro per le controversie riguardanti il licenziamento?
A partire dal 28 febbraio 2023 è entrato in vigore un procedimento speciale pensato per rendere più rapide le cause di licenziamento in cui il lavoratore richiede la reintegrazione nel proprio posto di lavoro. Queste controversie vengono trattate con una corsia preferenziale, così da velocizzare i tempi della giustizia.
Il nuovo rito prevede che il giudice possa ridurre i termini processuali ordinari, permettendo un’accelerazione significativa delle udienze e delle decisioni. In questo modo, sia il lavoratore che il datore di lavoro possono ottenere risposte in tempi più brevi.
Per il resto, il procedimento continua a seguire le norme generali previste dal diritto del lavoro, mantenendo inalterati i principi fondamentali del processo.
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